MATERIALI DA CONSULTARE

Il teatro epico di Bertolt Brecht. Prof.Francesco Fiorentino

lunedì 19 dicembre 2011

ZOLA -L'ASSOMMOIR- PREFAZIONE

 I Rougon-Macquart dovranno comprendere una ventina di romanzi. Il piano
generale è fissato fin dal 1869, ed io lo seguo con estremo rigore. Arrivato il
momento dell’Assommoir, l’ho scritto, così come scriverò gli altri, senza deviare
nemmeno per un attimo dalla mia linea retta. Ecco da cosa deriva la mia forza. Ho
un obiettivo cui tendere.
Quando L’Assommoir è apparso su un giornale, è stato attaccato con una violenza
senza precedenti. È stato imputato di tutti i crimini. Occorre dunque ch’io spieghi
qui, in poche righe, le mie intenzioni di scrittore? Quello che ho voluto dipingere
è il fatale decadimento d’una famiglia operaia nell’ambiente appestato dei
nostri sobborghi. Al fondo dell’ubriachezza e della poltroneria, troviamo l’allentamento
dei legami familiari, gli orrori della promiscuità, il progressivo oblio d’ogni
onesto sentimento; quindi, come scioglimento, la vergogna e la morte. Non è altro
che morale in atto.
L’Assommoir è senza dubbio il più casto dei miei libri. Ho dovuto spesso toccare
delle piaghe ben altrimenti spaventose. Soltanto la forma ha scandalizzato. Se la
son presa con le parole. Il mio crimine è stato quello d’aver avuto la curiosità letteraria
di raccogliere e fondere in uno stampo adeguatamente elaborato la lingua
del popolo. Ah! la forma, ecco il più grande dei crimini! Eppure, di tale lingua, esistono
dei dizionari. Gli eruditi la studiano e ne apprezzano il vigore, l’imprevedibilità
e la forza delle immagini. È un boccone prelibato per i grammatici ficcanaso.
Non conta. Nessuno si è accorto che volevo fare un lavoro puramente filologico, un
lavoro che credo del più vivo interesse storico e sociale.
Ma nemmeno mi difendo. La mia opera mi difenderà. È un’opera di verità, il primo
romanzo sul popolo che non menta e abbia lo stesso odore del popolo. Ma non
bisogna affatto concluderne che il popolo per intero sia cattivo: i miei personaggi
non sono infatti cattivi, sono soltanto ignoranti e corrotti dall’ambiente di dura fatica
e di miseria in cui vivono. Si dovrebbe comunque leggere i miei romanzi, capirli,
valutarli lucidamente nel loro insieme, prima d’emettere i giudizi bell’e fatti, ridicoli
e odiosi che circolano sulla mia persona e sulle mie opere. Ah! se si sapesse fino
a che punto i miei amici se la spassano alla sorprendente leggenda con cui la folla
si diverte! Se si sapesse che l’assetato di sangue, l’implacabile romanziere, non è
altro che un degno borghese, un uomo di studio e di arte, che vive sobriamente nel
suo cantuccio e la cui unica ambizione è quella di lasciare un’opera il più possibile
ampia e viva! Non mi curo di smentire alcun racconto. Lavoro, e mi affido al tempo
e alla buona fede del pubblico perché mi si possa alla fine scoprire al di là del
mucchio di sciocchezze che si sono nel frattempo accumulate.
Emile Zola
Parigi, 1° gennaio 1877
[Émile Zola, Prefazione a L’Assommoir, trad. di Ferdinando Bruno]
 

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