MATERIALI DA CONSULTARE

Il teatro epico di Bertolt Brecht. Prof.Francesco Fiorentino

lunedì 19 dicembre 2011

VERGA-LETTERA A SALVATORE VERDURA


Milano, 11 aprile 1878
[…] Ho in mente un lavoro, che mi sembra bello e grande, una specie di fantasmagoria
della lotta per la vita, che si estende dal cenciaiuolo al ministro e all’artista,
e assume tutte le forme, dalla ambizione e all’avidità del guadagno, e si presta a
mille rappresentazioni del gran grottesco umano: lotta provvidenziale che guida
l’umanità, per mezzo e attraverso tutti gli appetiti alti e bassi, alla conquista della
verità. Insomma cogliere il lato drammatico, o ridicolo, o comico di tutte le fisionomie
sociali, ognuna colla sua caratteristica, negli sforzi che fanno per andare
avanti in mezzo a quest’onda immensa che è spinta dai bisogni più volgari o dall’avidità
della scienza ad andare avanti, incessantemente, pena la caduta e la vita,
pei deboli e i maldestri.
Mi accorgo che quando avrai letto questa lunga filastrocca, sarò riuscito a dirtene
ancora niente e ne saprai meno di prima. Il primo racconto della serie, che pubblicherò
fra breve, ti spiegherà meglio il mio concetto, se ci riesco. Per adescarti1
dirò che i racconti saranno cinque, tutti sotto il titolo complessivo della Marea e
saranno: 1° Padron ’Ntoni; 2° Mastro-don Gesualdo; 3° La Duchessa delle Gargantas;
L’On. Scipioni; 5° L’uomo di lusso.
Ciascun romanzo avrà una fisionomia speciale, resa con mezzi adatti. Il realismo,
io, l’intendo così, come la schietta ed evidente manifestazione dell’osservazione
coscienziosa; la sincerità dell’arte, in una parola, potrà prendere un lato della
fisionomia della vita italiana moderna, a partire dalle classi infime, dove la lotta è
limitata al pane quotidiano, come nel Padron ’Ntoni, e a finire nelle varie aspirazioni,
nelle ideali avidità basse, alle vanità del Mastro-don Gesualdo, rappresentante
della vita di provincia, all’ambizione di un deputato.
[Giovanni Verga, Epistolario]

COMPITI PER CASA NATALE 2011 -CLASSE 2^C

1.     Studia con attenzione il lavoro di gruppo sui Promessi sposi preparati per la verifica
2.     Svolgi l’esercizio ( foglio protocollo) sulla poesia Felicità raggiunta di Montale  e imparala a memoria  
3.     Leggi i primi capitoli di Spingendo la notte più in là di Mario Calabrese. Per comprendere il testo puoi fare una ricerca in internet dei fatti citati . Per vedere articoli del tempo collegati al sito della stampa  

PREPARARE UN COMMENTO

1.      Individuazione di eventuali parti in cui il testo può essere suddiviso
2.      Come viene rappresentata dal poeta la felicità? Come un sentimento di totale e sicura realizzazione delle proprie aspirazine o come una condizione precaria, passeggera? Si tratta di uno stato d’animo che dipende dalla volontà dell’individuo? La sua perdita è legata a una perdita, a un errore,  a una colpa o è legata alla sua inevitabile precarietà?
3.      Rifletti sull’io lirico: ha un atteggiamento di rinuncia completa alla felicità , di protesta contro la crudeltà del dolore o di accettazione della realtà delle cose? La sua visione della vita appare pessimistica o ottimistica?
4.      La felicità raggiunta dalle anime tristi è paragonata a un mattino. qualè il significato denotativo di mattino. Quali significati produce se si riflette sul significato connotativo?
5.      Scrivi una breve poesi sul modello di quela di Montale.


Felicità raggiunta, si cammina                                                          01
per te su fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s’incrina;
e dunque, non ti tocchi chi più t’ama.                                              05
Se giungi sulle anime invase
di tristezza, e le schiari, il tuo mattino
è dolce e perturbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui sfugge il pallone tra le case.                                                     10

ZOLA -L'ASSOMMOIR- PREFAZIONE

 I Rougon-Macquart dovranno comprendere una ventina di romanzi. Il piano
generale è fissato fin dal 1869, ed io lo seguo con estremo rigore. Arrivato il
momento dell’Assommoir, l’ho scritto, così come scriverò gli altri, senza deviare
nemmeno per un attimo dalla mia linea retta. Ecco da cosa deriva la mia forza. Ho
un obiettivo cui tendere.
Quando L’Assommoir è apparso su un giornale, è stato attaccato con una violenza
senza precedenti. È stato imputato di tutti i crimini. Occorre dunque ch’io spieghi
qui, in poche righe, le mie intenzioni di scrittore? Quello che ho voluto dipingere
è il fatale decadimento d’una famiglia operaia nell’ambiente appestato dei
nostri sobborghi. Al fondo dell’ubriachezza e della poltroneria, troviamo l’allentamento
dei legami familiari, gli orrori della promiscuità, il progressivo oblio d’ogni
onesto sentimento; quindi, come scioglimento, la vergogna e la morte. Non è altro
che morale in atto.
L’Assommoir è senza dubbio il più casto dei miei libri. Ho dovuto spesso toccare
delle piaghe ben altrimenti spaventose. Soltanto la forma ha scandalizzato. Se la
son presa con le parole. Il mio crimine è stato quello d’aver avuto la curiosità letteraria
di raccogliere e fondere in uno stampo adeguatamente elaborato la lingua
del popolo. Ah! la forma, ecco il più grande dei crimini! Eppure, di tale lingua, esistono
dei dizionari. Gli eruditi la studiano e ne apprezzano il vigore, l’imprevedibilità
e la forza delle immagini. È un boccone prelibato per i grammatici ficcanaso.
Non conta. Nessuno si è accorto che volevo fare un lavoro puramente filologico, un
lavoro che credo del più vivo interesse storico e sociale.
Ma nemmeno mi difendo. La mia opera mi difenderà. È un’opera di verità, il primo
romanzo sul popolo che non menta e abbia lo stesso odore del popolo. Ma non
bisogna affatto concluderne che il popolo per intero sia cattivo: i miei personaggi
non sono infatti cattivi, sono soltanto ignoranti e corrotti dall’ambiente di dura fatica
e di miseria in cui vivono. Si dovrebbe comunque leggere i miei romanzi, capirli,
valutarli lucidamente nel loro insieme, prima d’emettere i giudizi bell’e fatti, ridicoli
e odiosi che circolano sulla mia persona e sulle mie opere. Ah! se si sapesse fino
a che punto i miei amici se la spassano alla sorprendente leggenda con cui la folla
si diverte! Se si sapesse che l’assetato di sangue, l’implacabile romanziere, non è
altro che un degno borghese, un uomo di studio e di arte, che vive sobriamente nel
suo cantuccio e la cui unica ambizione è quella di lasciare un’opera il più possibile
ampia e viva! Non mi curo di smentire alcun racconto. Lavoro, e mi affido al tempo
e alla buona fede del pubblico perché mi si possa alla fine scoprire al di là del
mucchio di sciocchezze che si sono nel frattempo accumulate.
Emile Zola
Parigi, 1° gennaio 1877
[Émile Zola, Prefazione a L’Assommoir, trad. di Ferdinando Bruno]
 

TIPOLOGIA A- LEOPARDI

Giacomo Leopardi  La quiete dopo la tempesta
La quiete dopo la tempesta (Canti, 24), composta a Recanati dal 17 al 20 settembre 1829, costituisce con Il sabato del villaggio una sorta di dittico nel quale immagini di vita quotidiana e concreta rinviano al senso di una verità universale, in questo caso le leggi generali sulla natura del piacere. Dopo aver letto attentamente il componimento analizzalo secondo le indicazioni date.


Passata è la tempesta:
2. odo augelli: ‘sento uccelli’.
5. rompe: ‘irrompe’. – alla montagna: ‘dalla parte della montagna’.
6. sgombrasi: ‘si libera (dalle nuvole)’.
8-10. in ogni... usato: ‘da ogni parte tornano a sentirsi i rumori delle attività consuete’.
11-13. L’artigiano… uscio: ‘L’artigiano, con l’oggetto del suo lavoro (opra) in mano, si fa (fassi) avanti sulla porta (della sua bottega) per guardare il cielo ancora umido di pioggia’.
13-15. a prova... piova: ‘le donne escono fuori a gara, per raccogliere (còr) l’acqua della recente pioggia’.
16-18. l’erbaiuol… giornaliero: ‘il venditore di erbe ripete (rinnova) per le strade il suo giornaliero richiamo (grido)’, con il quale annuncia il suo arrivo.
20. per li... ville: ‘per le colline e per i casolari’.
balconi: ‘finestre’.
21. terrazzi e logge: ‘balconi e loggiati’. –famiglia: ‘servitù’.
22-24. dalla via… ripiglia: ‘dalla strada maestra (corrente) si ode in lontananza un tintinnio di sonagli, cigola stridendo la carrozza del viaggiatore che riprende il cammino’.
29. a’ suoi studi intende: ‘bada alle sue occupazioni’.
30. torna all’opre: ‘ritorna al lavoro interrotto’.
imprende: ‘intraprende’.
32-34. Piacer... timore: ‘Il piacere nasce dal dolore; è una gioia inconsistente (vana) prodotta dalla sospensione del timore, a causa del quale (timore) chi aborriva la vita si riscosse e
si turbò (onde si scosse) ed ebbe paura della morte’.
37-41. onde... vento: ‘a causa del quale (timore) gli uomini (genti) agghiacciati, silenziosi, pallidi, in un prolungato tormento sudarono freddo e tremarono, vedendo fulmini e tempeste di vento rivolti (mossi) contro di noi (alle
nostre offese)’.
42. cortese: ‘gentile, benevola’, detto con ironia.
44. diletti: ‘piaceri, gioie’.
47. duolo: ‘dolore’.
48-50. e di piacer... guadagno: ‘e quel tanto di piacere che a volte, per un prodigio (mostro:
 atinismo) miracoloso (mostro e miracolo: en diadi), nasce dal dolore, è un grande tornaconto’.
50-54. Umana... risana: ‘O genere umano caro agli dèi (eterni)! sei felice abbastanza se ti èlecito trovare un po’ di sollievo da qualchedolore: del tutto felice (beata) se la morte ti guarisce da ogni dolore’.



odo augelli far festa, e la gallina,

tornata in su la via,

che ripete il suo verso. Ecco il sereno
5
rompe là da ponente, alla montagna;

sgombrasi la campagna,

e chiaro nella valle il fiume appare.

Ogni cor si rallegra, in ogni lato

risorge il romorio
10
torna il lavoro usato.

L’artigiano a mirar l’umido cielo,

con l’opra in man, cantando,

fassi in su l’uscio; a prova

vien fuor la femminetta a còr dell’acqua
15
 della novella piova;

e l’erbaiuol rinnova

di sentiero in sentiero

il grido giornaliero.

Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
20
 per li poggi e le ville. Apre i balconi,

apre terrazzi e logge la famiglia:

e dalla via corrente, odi lontano

tintinnio di sonagli, il carro stride

del passegger che il suo cammin ripiglia.
25
 Si rallegra ogni core.

Sì dolce, sì gradita quand’è, com’or, la vita?

Quando con tanto amore

l’uomo a’ suoi studi intende?
30
 O torna all’opre? o cosa nova imprende?

Quando de’ mali suoi men si ricorda?

Piacer figlio d’affanno;

gioia vana, ch’è frutto

del passato timore, onde si scosse
35
e paventò la morte

chi la vita abborria;

onde in lungo tormento,

fredde, tacite, smorte,

sudàr le genti e palpitàr, vedendo
40
mossi alle nostre offese

folgori, nembi e vento.

O natura cortese,

son questi i doni tuoi,

questi i diletti sono
45
che tu porgi ai mortali. Uscir di pena

è diletto fra noi.

Pene tu spargi a larga mano; il duolo

spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto

che per mostro e miracolo talvolta
50
 nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana

prole cara agli eterni! assai felice

se respirar ti lice

d’alcun dolor: beata

se te d’ogni dolor morte risana.


La quiete dopo la tempesta (Canti, 24), composta a Recanati dal 17 al 20 settembre 1829, costituisce con Il sabato del villaggio una sorta di dittico nel quale immagini di vita quotidiana e concreta rinviano al senso di una verità universale, in questo caso le leggi generali sulla natura del piacere. Dopo aver letto attentamente il componimento analizzalo secondo le indicazioni date.


1.      Comprensione
1.1.    Distingui le strofe dedicate alla narrazione da quelle dedicate alla riflessione e, fra queste ultime, individua quella più “teorica”, cioè che contiene considerazioni di carattere più generale.
2.      Analisi
2.1.    Descrivi la struttura metrica di questa canzone libera.
2.2.    Osserva la minore/maggiore frequenza delle rime e cerca una spiegazione della loro disposizione.
2.3.    Registra in una tabella i personaggi descritti nella prima strofa, le azioni che compiono e le qualificazioni (attributi, apposizioni) che li caratterizzano; spiega infine che cosa li accomuna.
2.4.    Rintraccia e registra le espressioni antifrastiche (che vogliono significare il contrario di quanto apparentemente dicono) e accosta loro il significato reale che esse hanno.
2.5.    Quale differenza di tono noti tra la seconda e la terza strofa?
3.      Interpretazione
3.1.    Come è rappresentata la vita nel paese?
3.2.    Quale significato hanno i termini quiete e tempesta?
3.3.    Quale immagine di natura emerge dalla poesia?
3.4.    l. Qual è l’atteggiamento del poeta verso la natura?
3.5.    m. Spiega accuratamente il significato della seconda strofa. Quale verso lo sintetizza efficacemente?
3.6.    n. Quale rapporto c’è tra la descrizione e la riflessione?
4.      Contestualizzazione
4.1.    La presenza di personaggi del popolo e di scene di vita quotidiana sono una caratteristica di molti dei canti “pisano-recanatesi”. Come si collega questo fatto con l’evoluzione del pensiero leopardiano intorno alla natura e al destino dell’uomo? Discuti questo problema .